Nasci, cresci e posta. I social network sono pieni di bambini: chi li protegge?
Uscirà a fine Settembre il libro Nasci, cresci e posta. I social network sono pieni di bambini: chi li protegge? che ho scritto insieme al bravo Simone Cosimi, giornalista che collabora con numerose testate nazionali.
Nel parlare dell’uscita del libro con alcuni amici ho portato due esempi per me molto significativi. Appena nati, dopo l’ostetrica, la mamma e il papà, il primo oggetto che un neonato vede è proprio lo smartphone attraverso il quale viene fotografato. Sembra una provocazione ma se ci pensiamo bene è proprio così. Lo smartphone è uno dei primi oggetti con cui il bambino entra in relazione, e spesso questo contatto avviene già all’interno della sala parto.
Il secondo esempio è invece una maglietta per bambini, con disegnati sopra Topolino, Minnie e Pippo che si fanno dei selfie e la scritta “#selfie”. Questi due esempi, che ben ci offrono una fotografia della nostra contemporaneità, mi fanno dire che i bambini nascono e vivono in un mondo bagnato dai social network. Non c’è nulla di cui preoccuparsi o scandalizzarsi, ma è necessario prenderne atto per accorgersi che non si tratta di educare a uno strumento ma di fare un salto di tipo culturale.
Se il nostro mondo sta cambiando a causa e grazie ai social network, se i concetti di relazione e identità (argomenti di cui si parla nel libro) sono messi in discussione da Facebook, Snapchat e Instagram, se i bambini frequentano spazi in cui possono muoversi e lasciare tracce in assenza del reale del corpo, è importante che il modo degli adulti apra gli occhi e si prenda la responsabilità del cambiamento in atto.
Non si tratta di assumere una posizione favorevole o contraria a una trasformazione che, come si legge nel libro e come chiunque può tranquillamente osservare, è comunque in atto. No, quello di cui c’è bisogno è di una vera e propria assunzione di responsabilità collettiva: leggere il cambiamento, accorgersi che i primi ad avere sempre lo smartphone in mano siamo proprio noi, smetterla di delegare a uno strumento responsabilità genitoriali. Lo dice bene il prof. Giovanni Ziccardi nella prefazione del libro:
“Sono da tempo convinto che prima, e accanto, a un’opera di educazione civica digitale, che da anni si domanda venga introdotta nelle scuole, sia necessaria una nuova opera di educazione civica “tradizionale”, di ritorno alla legalità e al suo insegnamento. I problemi sociali vengono, infatti, prima dei problemi tecnologici, e molte questioni emerse sui social e sulle reti potrebbero essere risolte operando alla base”.
Se i social network sono pieni di bambini gli adulti hanno delle responsabilità. La soluzione non è però quella di bandire gli smartphone dalle sale parto di tutto il mondo o rendere illegali magliette che inneggiano al selfie. Questo è il nostro tempo, nel bene e nel male, e oggi abbiamo sempre più strumenti per poterlo leggere, analizzare e criticare. Dobbiamo fare uno sforzo collettivo per provare a costruire un futuro differente, in grado di tenere insieme innovazione e tradizione, nuovo e vecchio, giovani e anziani. Ma per fare questo, lo ribadisco, è necessario chi gli adulti si assumano la responsabilità delle proprie azioni e che si accorgano che l’unico e vero strumento educativo a disposizione è la loro testimonianza.
Il libro è acquistabile in tutte le librerie. Oppure qui.