Adolescenza,  Recensioni

Voi siete il fuoco

Non so se sia stata la pandemia o l’inizio della scuola primaria di mio figlio, ma sentivo una fortissima necessità di leggere un bel libro sulla scuola. Un testo che potesse aiutarmi a fare ordine, a portare chiarezza. Perché sulla scuola ognuno dice la sua e alla fine il risultato è che non si capisce più bene che cosa sia la scuola. Dove stia andando e, soprattutto, perché. Ma una società che smarrisce il senso della sua scuola e che smette di interrogarsi su alcune questioni cruciali che la abitano, non può andare molto lontano. Dietro quei banchi, tutti i giorni, non siedono solo i nostri rispettivi figli ma i futuri abitanti adulti del nostro mondo. Per questo continuare a interessarci della scuola non è abbastanza. Dobbiamo farlo bene. 

Voi siete il fuco. Storia e storie della scuola della storica Vanessa Roghi è uno di quei libri che ci può aiutare a ritrovare la scuola. Almeno per me è andata così. Il suo saggio è rivolto ai ragazzi e alla ragazze e più volte, leggendolo, mi sono detto che mi avrebbe fatto piacere confrontarmi con loro sui temi che il libro affronta. Voi cosa ne pensate? Chiede con frequenza Vanessa ai suoi giovani lettori. A partire dal significato originale della parola scuola, «tempo libero», passando per tutti quei passaggi che hanno reso la scuola quello che oggi è o, meglio, dovrebbe essere. Ce ne sono due in particolare sui quali vorrei soffermarmi, perché li ho risentiti risuonare con parecchia forza. 

Il primo punto è relativo al tema della bocciatura. Riporto un passaggio del libro:

Finalmente siamo arrivati a discutere di quello che rende la scuola un tormento: i voti. Ci siamo arrivati a partire da quel consiglio dato tanti anni fa dai ragazzi di Don Milani: non bocciare. Scritto così, nero su bianco. Chiaro, chiarissimo. Non è difficile: la scuola dell’obbligo non deve bocciare. Perché? Perché è dell’obbligo, quindi, l’abbiamo già detto, non solo voi e la vostra famiglia vi impegnate ad andare a scuola rispettandone le regole e studiando, ma anche la scuola si impegna, da parte sua, a darvi un percorso di studi diversificato di anno in anno, facendo il possibile per colmare la distanza fra chi arriva a scuola che sa già leggere e chi non ha mai visto un libro. 

La scuola dell’obbligo è quel luogo che deve sostenere tutti i ragazzi, non solo i migliori. Bocciare, alle medie come fino ai primi anni delle superiori (l’obbligo scolastico in Italia è fino ai 16 anni), non aggiunge molto al percorso di crescita di un ragazzo. Se mai, toglie qualcosa. In più, pensando ad alcuni giovani che ho seguito come terapeuta e che sono stati bocciati, non posso fare a meno di pensare che erano ragazzi che si portavano sulle spalle dei pesi enormi. La loro poca voglia di studiare era più che giustificata ma soprattutto bocciarli non ha quasi mai migliorato la loro situazione. Alcuni si sono persi ancora di più, ad esempio. Il punto per me cruciale, è che la scuola pubblica deve ricordarsi chi è pensando soprattutto a quei ragazzi. E anche noi genitori dovremmo andare in quella direzione, smettendola una volta per tutte di pensare che dietro a quei banchi ci sono solo i nostri figli. No. Seduti tutte le mattine in classe ci sono i futuri cittadini della nostra società. 

Vanessa Roghi propone di affrontare le difficoltà che nascono in classe facendo in modo che “chi è più avanti aiuti chi è più indietro. La classe non dovrebbe essere un campo di battaglia in cui si cerca di sopravvivere mentre qualche amico o amica cadono, no. Dovrebbe essere il luogo dove si impara ad andare avanti tutti insieme”. Ecco, se devo dire, questa è la scuola che vorrei. 

Il secondo punto, ma nel libro ce ne sono tanti altri e tutti molto interessanti, è relativo al fatto che la scuola è quello spazio che dovrebbe ridurre le distanze tra le persone. A scuola si è tutti uguali, anche se ovviamente si parte da punti di partenza differenti. Per questo nel 1970 è stato introdotto il tempo pieno, grazie a una battaglia portata avanti da genitori e insegnanti che volevano “la scuola uguale per tutti”. Se si passa più tempo insieme anche chi ha una situazione familiare più complicata o meno risorse economiche per fare altre attività pomeridiane, potrà avere più opportunità di crescita. Il tempo pieno, scrive Vanessa “è l’unica garanzia che la scuola almeno ci prova a dare a tutti lo stesso punto di partenza”. Ammetto di non aver mai riflettuto su questo punto, a maggior ragione perché oggi capita di sentire che è soprattutto la famiglia a doversi occupare dell’educazione dei figli e la scelta del tempo pieno viene spesso vista come una decisione comoda. Invece no. Non solo nasce con presupposti differenti ma sottolinea il ruolo cruciale che la scuola può avere nel far crescere cittadini migliori. La famiglia è importante, ci mancherebbe altro. Ma le famiglie non sono tutte uguali, dovremmo ricordarcelo sempre.  

In definitiva, arrivato alla fine del libro, mi sono detto che forse avevo ritrovato il senso della scuola. Quel luogo per eccellenza in cui la crescita individuale di bambini e bambine, ragazzi e ragazze porta alla crescita del gruppo, della comunità, della società. E penso che un libro come questo, semplice, essenziale e molto diretto, possa essere certamente di grande aiuto ai ragazzi e alle ragazze. Ma anche anche ai loro insegnanti e genitori.