Psicoanalisi

Tre saggi sulla teoria sessuale

Nel 1905 Freud pubblica un saggio che segnerà la storia della psicoanalisi e non solo: i Tre saggi sulla teoria sessuale. Un testo scomodo, che non venne accolto con grande entusiasmo e che anzi provocò grande scalpore. Freud, come ricorda Jones nella sua biografia, “vi profuse per la prima volta tutto ciò che era riuscito ad apprendere attraverso l’analisi dei suoi pazienti e da altre fonti sullo sviluppo dell’istinto sessuale a partire dalle sue prima manifestazioni nell’infanzia” (Vita e opere di Sigmund Freud, p.321). In una di queste altre fonti, Freud parla dell’origine dell’angoscia infantile riferendosi a un dialogo a cui aveva assistito. Un passaggio profondo, a mio parere bellissimo, nascosto in una nota.    

“Il chiarimento sull’origine dell’angoscia dei bambini lo devo a un maschietto di tre anni che una volta sentii dire alla zia in una camera al buio: “Zia, parla con me; ho paura del buio.” La zia allora gli rispose: “Ma a che serve? Così non mi vedi lo stesso.””Non fa nulla – ribatte il bambino – se qualcuno parla c’è la luce.” Egli dunque non aveva paura dell’oscurità bensì sentiva la mancanza di una persona cara, e riusciva a ripromettersi la tranquillità non appena avesse avuto la prova della presenza di essa”. (OSF vol 4, pag 529)

Se qualcuno parla c’è la luce, ci dice il bambino, ponendo l’accento sull’importanza della relazione che ha la forza e il potere di illuminare l’oscurità della notte. Ma c’è un di più, e lo troviamo in quel “parla con me”. Non dice “abbracciami”, “stenditi accanto a me”, “stringimi forte”, ma chiede all’adulto che è lì accanto a lui di parlare, di usare la voce. La parola orienta il bambino, funziona come una bussola che permette di ritrovare i punti di cardinali e non sentirsi smarrito e nello stesso tempo gli lascia uno spazio di libertà. La parola illumina la notte.

Sempre all’interno di questo terzo saggio, quello che tratta delle trasformazioni della pubertà, Freud parla di un argomento attualissimo: i danni provocati dall’eccesso di tenerezza da parte dei genitori. Siamo all’inizio del ‘900, ricordiamolo, e Freud scrive che un passaggio fondamentale e nello stesso tempo doloroso della pubertà consiste nel distacco dall’autorità dai genitori. Distacco che è fondamentale non solo per il ragazzo o la ragazza, ma per l’intera società perché questo contrasto con la vecchia generazione è fondamentale per il progresso della civiltà. Il problema, ecco la dimensione attuale di questo testo, è che alcuni ragazzi e ragazze non “hanno mai superato l’autorità dei genitori e mai o solo in modo assai incompleto hanno ritratto da essi la loro tenerezza” (p.531). Dunque, l’eccesso di tenerezza di cui oggi poco si parla avendo sempre più normalizzato l’idea che l’amore non faccia mai male, diventa dannoso nel momento in cui non permette ai figli di amare a loro volta qualcun altro, li rende “incapaci a rinunziare temporaneamente nella vita successiva all’amore, oppure a contentarsi di una minor misura di amore” (p.529). Sono argomenti, questi, molto attuali. Sempre di più oggi il mondo adulto fatica nell’accettare che i figli si debbano distaccare per poter avere una vita piena, e anche quando ci si trova d’accordo su questo punto, nella pratica ci si muove poi in direzione contraria, andando di fatto ad aumentare, senza mai problematizzarlo, quell’eccesso di tenerezza che rischia di diventare un ostacolo per il ragazzo e per la ragazza durante lo sviluppo.