L'abbaglio delle relazioni intelligenti
Possibile che nessuno avesse ancora pensato di inserire un ricevitore GPS all’interno di un paio di scarpe da bambino? No, e in effetti qualche giorno fa ho avuto la fortuna di incontrare l’amore intelligente, ovvero un paio di scarpe dotate di GPS che, una volta scaricata l’app, danno al genitore l’esatta locazione del figlio. Ma l’app non si limita a questa funzione e può mandarci una notifica nel caso il nostro piccolo si allontani troppo dal recinto che noi abbiamo impostato. E cosa succede se il bambino si toglie le scarpe per cercare di imbrogliare il genitore e scavalcare il cancello digitale? Niente paura, arriverà immediatamente un Alert sul telefono del genitore. E poi, ovviamente, selftracking a volontà: km fatti, calorie bruciate, spostamenti preferiti…Immagino che molte persone sorridano a queste “novità” che il mercato propone e magari giudichino un po’ negativamente quei genitori che decidono di dotarsi di amore intelligente (è il motto di questa società di cui non farò il nome). Ma, come sostenevo in uno degli ultimi post, una domanda serpeggia nel cuore di molti: perché devo avere l’ansia di non sapere dove si trova mio figlio quando posso monitorarlo in questo modo? Perché rinunciare ad una comodità di questo tipo che mi può permettere di continuare il mio lavoro quando lo porto al parchetto? Perché, infine, non posso avere dei dati precisi sui suoi movimenti così da poter correggere e migliorare il suo stato di benessere psicofisico? A ben vedere la domanda è sempre la stessa: perché rinunciare ad una comodità che non solo non fa male a nessuno (forse), ma permette anche di stare meglio?
Molti oggetti, prima di diventare intelligenti, erano analfabeti e dipendevano dall’utilizzo che ne faceva il proprietario. L’arrivo dell’intelligenza ha permesso a molti di loro l’efficienza, eliminando in questo modo la deficienza, qualità più tipica dell’essere umano. Detto in altri termini tutte questa intelligenza si spinge nella direzione di eliminare l’errore, l’imprevisto, ciò che altrimenti non sarebbe calcolabile: ovvero l’essere umano. Se in alcuni ambiti della nostra vita tutto questo può realmente essere utile, penso ad esempio ai semafori intelligenti che evitano code e inquinamento, in altri questo discorso può diventare molto pericoloso. L’ambito relazionale non può e non deve essere intelligente, perché altrimenti non possiamo più parlare di relazione. La relazione tra esseri umani, non solo quella tra genitori e figli, non mira all’efficienza, alla riduzione dello spreco, alla ricerca del benessere. Al contrario, la relazione è sempre in perdita, mancante, incompleta e incontrollabile.
L’innovazione tecnologica nel campo della comunicazione permette sempre di più all’uomo di soddisfare il bisogno di controllo dell’Altro, evitando così la fatica e la sofferenza che questo incontro può portare. In termini psicoanalitici si potrebbe dire che l’incontro con l’Altro è sempre insoddisfacente, in quanto il godimento dell’Uno non è mail il godimento dell’Altro, ed è necessario rinunciare al godimento autistico (quello dell’Uno) per poter incontrare l’Altro. Non c’è modo di saturare questa mancanza. Nella nostra contemporaneità, invece, ci si illude di poter finalmente porre fine a questa insoddisfazione riempiendola di “controllo” ma non ci si rende conto che in questo modo non si fa altro che creare relazioni, e quindi soggetti, incapaci di sostenere la mancanza. Intendo dire che l’idea di avere sotto controllo l’Altro, che sia il figlio, il partner o la propria immagine, non fa altro che alimentare l’illusione di avere eliminato l’insondabile e la sofferenza dalla vita. Ma non appena questo meccanismo si rompe, quando cioè capita qualche cosa che incrina questo discorso, ciò che si viene a creare è il vuoto. Non sono mai stato capace di essere un genitore, non posso sopportare che la mia donna mi lasci, non riesco più a vivere ora che la mia immagine è stata distrutta.
Questo discorso, è bene sottolinearlo, non si limita certo all’utilizzo delle nuove tecnologie della comunicazione. Viviamo all’interno di una società che mal sopporta la mancanza, che ragiona in termini di efficienza e profitto, che pensa di avere risposte scientifiche a ogni domanda. Una realtà che proprio per questo è strutturalmente paranoica, nel senso che pensa possa esistere una verità dell’Io e dubita costantemente dell’Altro. Per questo motivo se non si va a mettere in discussione la relazione, se ci si limita solamente al conseguimento di un risultato, si perde una grande occasione di crescita per tutti. La relazione mette in discussione, fa abbandonare il terreno del certo e spinge alla navigazione in mare aperto.
In campo relazionale, tutte le volte che cediamo alla comodità del controllo perdiamo una grande occasione di incontro (certamente anche di scontro). Le relazioni intelligenti vorrebbero ridurre al minimo l’inconveniente e aumentare al massimo il piacere che l’incontro tra le persone genera. Ma come accennavo poco sopra, la relazione tra esseri umani è sempre in perdita, mancante, incompleta e incontrollabile. In questo campo è meglio restare analfabeti per poter vivere la relazione senza avere l’illusione di poterla controllare.