"L'Atlante delle dipendenze" al Salone del libro di Torino #salTo14
“L’arcipelago delle dipendenze si estende a dismisura: droghe naturali e sintetiche, psicofarmaci, alcol, tabacco ma anche gioco d’azzardo, lavoro, acquisti compulsivi, sesso, cibo, Internet e via seguitando…” Atlante delle dipendenze, a cura di Grosso L., Rascazzo F., Edizioni Gruppo Abele
Nell’arcipelago delle dipendenze troviamo anche Internet. Il DSM V, uscito negli USA circa un anno fa, ha escluso questa nuova forma di dipendenza dalle malattie psichiatriche. Lo ha fatto perchè ci sono ancora troppi pochi dati e studi che provano l’esistenza di questa dipendenza ed è giusto essere molto cauti prima di “etichettare” con una diagnosi un fenomeno di cui non si conoscono ancora bene i confini (ne parlo in questo post). In questo Atlante, invece, la dipendenza da Internet trova un suo posto permettendoci così di provare a fare un po’ di luce e chiarezza su questa forma inedita di dipendenza. La problematicità nel fare questa diganosi non può e non deve nascondere la sofferenza e la fatica di quanti restano intrappolati all’interno delle differenti attività online e dei loro familiari. Molti genitori, infatti, non sanno più come fare per limitare ed arginare l’utilizzo delle nuove tecnologie da parte dei figli. Ecco perchè è importante parlarne.
Sabato si è tenuta al salone del libro di Torino la presentazione dell’Atlante delle Dipendenze, pubblicato da Edizioni Gruppo Abele. All’interno di questo interessante volume mi sono occupato proprio del capitolo sulle dipendenze da Internet. Un tema ampio, complicato, molto dibattuto e, soprattutto, molto vicino alla quotidianità di ognuno di noi.
Più volte nei miei articoli e interventi mi sono posto questa domanda: ma la dipendenza da Internet esiste davvero? Non stiamo forse sbagliando nel definire “dipendenza” l’utilizzo esagerato di Internet? Queste domande nascono da due considerazioni. La prima è che come esseri umani conosciamo ancora troppo poco Internet e le sue applicazioni. Sono solo 20 anni che nelle nostre case è entrata la connessione al web e non possiamo non considerare la velocità con cui le nuove tecnologie hanno modificato il nostro accesso alla rete e, di conseguenza, le nostre abitudini quotidiane. La seconda è dovuta all’impossibilità di definire Internet come semplice oggetto della dipendenza. Internet non è solo un oggetto e non è neanche solo uno strumento. Grazie al web abbiamo ampliato i confini della nostra esperienza di vita e dobbiamo trovare il modo di integrare questa nuova dimensione online a quella più conosciuta offline.
Internet si trasforma così in sintomo e in dipendenza proprio quando questa integrazione non tiene più, quando la vita online prende il sopravvento su quella offline andando a modificare eccessivamente, a volte anche patologicamente, i comportamenti della vita quotidiana.
Oggi più che mai è necessario curare queste nuove forme di dipendenza o di patologia tenendo presente che l’obiettivo finale dell’intervento non può e non deve essere l’astinenza dall’utilizzo di Internet. La meta finale deve essere l’integrazione online-offline. Se non teniamo a mente questo passaggio rischiamo di fare numerosi danni alla vita delle persone che ci chiedono una mano.
Infine non dobbiamo neanche dimenticare che Internet è un ambiente vivo. Un ragazzo che chatta o che gioca ad un gioco online è un ragazzo che sta conducendo una vita, se pur parziale. Internet gli consente di stare in relazione con altre persone, di curare i propri interessi, di aumentare le proprie competenze. Proprio da queste risorse dobbiamo partire per consentire l’equilibrio, a volte molto difficile, tra la vita online e quella offline.
Di seguito il video fatto dall’Ufficio Stampa del Gruppo Abele con alcune interviste e la presentazione dell’Atlante.