L’adolescenza sospesa
Cosa resterà di questi giorni? Me lo chiedo spesso, ultimamente. Non ne posso fare a meno. Seduto sulla mia poltrona, ascolto le preoccupazioni delle persone che si mescolano, intrecciandosi, con la vita di tutti i giorni. Quella vita che, nonostante tutto, cerca di andare avanti. Un po’ come succede nel romanzo La strada di McCarthy (ne ho parlato qui). Un padre e un figlio che camminano in una terra distrutta, desolata, dove regna solo il nulla. Ma camminano, si affannano ad andare avanti, cercano di resistere. E a un certo punto il bambino ha paura di non farcela o forse non capisce il senso di quel camminare. Ce la caveremo? Chiede allora al padre. Certo, gli risponde lui. Perché noi portiamo il fuoco.
Quel fuoco che vive dentro ciascuno di noi, giovani e adulti, è il motivo per cui non dobbiamo cedere. Alla paura, alla preoccupazione, al timore che non ci sia un futuro. Quel fuoco rappresenta la spinta a non fermarci, a cercare nuove idee per proseguire, a trasformare in positivo qualcosa che all’apparenza ha tutta l’aria di essere solamente negativo. Non è semplice, sono il primo a dirlo. Ma penso che di fronte allo smarrimento di questo periodo sia fondamentale andare alla ricerca della vita, del fuoco, di ciò che produce un minimo di senso là dove il senso stenta a esserci. Del resto, è proprio la presenza della malattia, della morte, della fine a permetterci di parlare della salute, della vita, dell’inizio.
Ci siamo resi conto di quanto fragile e instabile sia la vita di tutti noi. Per questo dobbiamo averne ancora più cura. Ci possiamo rompere, e tra l’altro con estrema facilità. Anche i ragazzi, che sembrano essere quelli più forti, più sfidanti nei confronti della vita, in realtà sono molti spaventati e affaticati. Il mio osservatorio è particolare, ovvio. Si rivolge a uno psicoterapeuta chi sta attraversando un momento di difficoltà. Ma l’esperienza clinica mi fa dire che nella patologia e nella sofferenza ci sono dei tratti che appartengono, in modo differente, a tutte le persone.
L’assenza di futuro, così importante durante gli anni dell’adolescenza, rischia di far vivere con profonda angoscia questo periodo. Se l’adolescenza è un viaggio, tra un prima e un dopo, tra il bambino e l’adulto, il non vedere la meta, la fine di quel viaggio, significa vivere sospesi e senza direzione. Non dobbiamo sottovalutare tutto questo.
I ragazzi devono allora essere ascoltati, oggi più che mai. Vanno resi partecipi di un percorso che li riguarda in prima persona. Non colpevolizzandoli, ma coinvolgendoli. Aiutiamoli insomma a trovare una direzione, come quel padre lungo la strada raccontato da McCarthy. Poi saranno loro a cavarsela.