Sull’agonismo nello sport giovanile
Cosa accade quando, con la crescita, lo sport assume un ruolo sempre più centrale fino a trasformarsi in attività agonistica? In questo terzo articolo (qui il primo e qui il secondo) affronto il tema dell’agonismo nello sport giovanile. Contrariamente a quanto si pensi, cominciare a specializzarsi troppo presto in uno sport non aumenta la possibilità di avere successo in quello sport. La domanda, allora, diventa: perché “costringiamo” così tanti bambini a svolgere un attività di tipo agonistico? La risposta la potremmo trovare in quest’altra domanda: cosa si cerca da un’attività agonistica?
Se fino a questo momento abbiamo parlato dell’importanza dello sport per i bambini e le bambine, ci concentreremo adesso sulla pratica dell’agonismo. Da un punto di vista strettamente tecnico, con agonismo si intente un’attività che viene portata avanti per tutto l’anno, quindi per più di 8 mesi, specializzandosi su un singolo sport e abbandonando tutti gli altri. Spostandoci invece al significato letterale della parola agonismo possiamo aggiungere, seguendo la saggista Andrea Marcolongo, che la parola agonismo deriva dal greco agonismòs, che significa lotta, e che deriva da agòn, la competizione, dove il verbo àgo significa spingere, condurre e anche comandare. Per Marcolongo la parola agonismo indica dunque “il particolare spirito combattivo, la forza di emulazione di un atleta nello svolgimento della gara” e proprio da qui la parola è stata estesa anche all’ambito sportivo. L’agonismo non nasce dunque nello sport ed è una dimensione che riguarda l’essere umano nella sua quotidianità. Ha a che fare con la spinta a volersi superare, a voler eccellere in quello che si fa, a portare avanti le proprie idee. Poi, certo, fin dall’antichità quando viene associata allo sport assume un significato molto più preciso e se vogliamo anche più “sano”. Si tratta infatti di competere in un contesto ben definito e all’interno di un attività con delle regole precise e accettate da tutti i componenti. A bene vedere, preso da questo punto di vista, non esiste gioco o sport che non sia di questo tipo. L’agonismo fa parte dello sport, ne rappresenta un valore, deve poter essere insegnato e testimoniato.
Come detto a inizio paragrafo con questa parola si fa però maggiormente riferimento alla pratica sportiva continuativa e specialistica. Un genitore di un bambino incontra l’agonismo quando gli viene detto che il proprio figlio “è capace” in quel determinato sport e che quindi se intensificasse gli allenamenti potrebbe avere dei buoni risultati nella gare che da quel momento in avanti gli verranno proposte. L’avventura agonistica non deve però far dimenticare l’interesse maggiore da avere sul minore e soprattutto non può venire meno la dimensione ludica che come detto più volte è al centro dello sport, specialmente quello praticato dal bambino.
Negli ultimi decenni il numero di minori che si sono dedicati ad attività di tipo agonistico è andato crescendo. Una ricerca che arriva dagli Stati Uniti aveva ad esempio stimato che su un campione di 1200 atleti ben il 30% portava avanti un’attività di tipo agonistico. In Italia, in un articolo pubblicato sul quotidiano Repubblica dal titolo: “Sport e bambini: l’agonismo fa male?”, la psichiatra e psicoterapeuta Adelia Luccattini faceva notare che a fronte di un numero tutto sommato esiguo di adulti che praticano sport, stimato attorno al 10%, era in aumento il numero di bambini impegnati in attività sportive di tipo agonistico. Quello che potrebbe sembrare un segnale confortante, l’aumento dell’attività sportiva tra i giovani, risuona però come un campanello di allarme su una tendenza, l’ennesima, di adultizzazione dei minori. Anche perché se osserviamo la realtà, altre ricerche evidenziano un aumento della sedentarietà dei giovani che comporta, tra le altre cose, bassi livelli di abilità motorie e di capacità di fitness.
L’idea di fondo che si muove dietro a questa scelta è che prima si inizia a specializzarsi in un determinato sport più probabilità si potranno avere di eccellere in quella disciplina. Per molti genitori la fantasia di avere un figlio talentuoso, che avrà successo nel mondo dello sport e magari anche un ritorno di tipo economico, rappresenta certamente una spinta importante. Capita così che inizialmente è il genitore a scegliere uno sport, a introdurre il figlio a una determinata attività. La prima influenza nella scelta dello sport arriva quindi dai genitori. Successivamente sono gli allenatori a proporre l’agonismo e la specializzazione in quell’attività sportiva ai genitori. A questo punto, secondo alcuni ricercatori, si viene a creare una sorta di disconnessione tra famiglia e società sportiva: i genitori si affidano ai tecnici e pur continuando a supportare il figlio non vanno a mettere in discussione più di tanto quanto l’allenatore sta facendo. Di fatto la famiglia delega questa parte importante della vita del figlio alla società sportiva e il rischio è che in funzione di un futuro e precario successo sportivo si perda completamente di vista il minore e i suoi reali bisogni.
Ci si approccia quindi all’agonismo con l’idea di far crescere e sviluppare un talento ma è bene sapere che la ricerca non conferma questa idea. Non è vero che chi inizia prima ha maggiori probabilità di diventare un atleta d’élite, così come non è vero che il successo sportivo in ambito giovanile è un indicatore del successo in età adulta. Un motivo in più per ripensare anche al valore e all’enfasi eccessiva che viene dato alla vittoria nello sport giovanile che dovrebbe venire completamente sostituito dal gioco, dal divertimento e dallo spingere i bambini a dare il loro meglio a prescindere dal risultato. Detto in altri termini bisogna lavorare sulla motivazione intrinseca allo sport piuttosto che su quella estrinseca che arriva, tra le altre cose, dalle vittorie. Anche perché il successo, ma lo stesso si può dire anche della sconfitta, a questa età è strettamente condizionato dallo sviluppo psicofisico del minore e quindi non può mai essere considerato un valore assoluto. Per esempio, un bambino che è più alto della media avrà più successo in alcuni sport quando si confronterà con i suoi coetanei che invece devono ancora svilupparsi e crescere. Quel risultato, però, non può avere alcun valore perché è pesantemente condizionato da variabili di cui il bambino/ragazzo non ha controllo.
A tal proposito una ricerca svolta sugli atleti partecipanti alle Olimpiadi del 2004 aveva messo in luce che l’età media in cui avevano iniziato il loro sport al livello agonistico era 11,5. In più, avevano notato che l’età di inizio era correlata negativamente con la differenza di tempo prima che l’atleta raggiungesse la competizione in un campionato internazionale. Un altro studio, che questa volta ha coinvolto atleti tedeschi che avevano cominciato da allenarsi fin dalla giovane età, aveva rilevato che solo lo 0,3% di quel campione si era classificato tra i 10 migliori atleti senior internazionali. L’età di inizio, dunque, non è una variabile significativa nel successo di un atleta contrariamente a quanto si pensa. L’aumento della specializzazione precoce nello sport non fa aumentare la percentuale di persone che riuscirà a emergere che resta nettamente inferiore all’1%. Bisogna allora muoversi in un’altra direzione anche perché, come stiamo per vedere, le criticità e i rischi dell’agonismo iniziato in età precoce sono numerosi. Oltre a non esserci alcun beneficio in chiave sportiva, inoltre, le conseguenze incidono negativamente sulla vita dei ragazzi e della ragazze anche in ambiti esterni allo sport.
Qui i riferimenti alle ricerche citate:
- Myer Gregory D e colleghi, Sport Specialization, Part I: Does Early Sports Specialization Increase Negative Outcomes and Reduce the Opportunity for Success in Young Athletes? in Sports Health, Sett-Ott 2015
- Marcolongo Andrea, de arte Gymnatsica, Editori Laterza, Roma, 2022
- Jayaanthi Neeru A e coll., Sports-specialized intensive training and the risk of injury in young athletes: a clinical case-control study in Am J Sports Med, Aprile 2015
- Luccattini A., Sport e bambini: l’agonismo fa male?, su Repubblica, 24 Ottobre 2013 https://www.repubblica.it/moda-e-beauty/2013/10/24/news/sport_agonismo_figli-291340278/
- Myer Gregory D e coll, Sports Specialization, Part II: Alternative Solutions to Early Sport Specialization in Youth Athletes, in Sports Health, Gennaio 2016
- Baxter-Jones AD, Parental influence on sport participation in elite young athletes in J Sports Med Phys Fitness, Giugno 2003
- Vaeyens R e coll., Talent identification and promotion programmes of Olympic athletes in J Sports Sci, Novembre 2009
- Güllich A e coll., Evaluation of the support of young athletes in the elite sport system in Eur J Sport Soc., 2006
