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Una grande opportunità…Chiacchierata con Luca Prasso di Curious Hat

La chiacchierata con Luca Prasso, CEO e cofondatore di Curious Hat, è iniziata con il racconto della mia esperienza con un gruppo di genitori preoccupato per l’utilizzo che i loro figli fanno delle nuove tecnologie. Luca Prasso, prima di fondare Curious Hat nel 2011, lavorava alla DreamWorks Animation, dove è stato parte integrante del team che ha creato Shrek, Kung Fu Panda, Madagascar… Curious Hat è una start up divisa fra la California e la Francia che progetta e sviluppa app per bambini. Non giochi ma, come si legge sul sito, “strumenti che stimolano l’immaginazione e la creatività del bambino mentre scopre il mondo intorno a sé”. Luca mi racconta infatti che la loro idea è che il bambino, utilizzando le loro app, possa trasformarsi in un esploratore che si muove nell’ambiente reale avendo tra le mani lo strumento più potente che ogni buon esploratore ha sognato e sogna tutt’ora di avere: il dispositivo mobile, come lo smartphone o il tablet.

Una sorta di coltellino svizzero del futuro, penso io. 

Creare esplorazioni digitali

Quando circa 3 anni fa Luca e il suo team hanno fondato Curious Hat si sono chiesti per quale motivo avrebbero dovuto replicare sul dispositivo digitale i giochi che funzionavano ancora benissimo nella vita offline. I nuovi dispositivi, con tutte le loro applicazioni come ad esempio la fotocamera o il GPS, hanno infatti una caratteristica unica: quella di essere mobile, ovvero trasportabili ovunque. In questo modo cominciano a pensare a nuovi giochi che si possono fare con questi strumenti inventati dall’uomo, giochi in cui il bambino possa coniugare l’esplorazione dell’ambiente in cui vive con l’utilizzo delle nuove tecnologie. Del resto la mission di Curious Hat è quella di “creare esplorazioni digitali che coinvolgono i bambini con l’ambiente circostante stimolando la loro creatività ed il loro ingegno”. 

Il ruolo dei genitori

Se, come sostengo da tempo, l’integrazione tra vita online e vita offline è l’obiettivo a cui l’educazione deve tendere, sentire parlare Luca mi fa pensare a come le nuove tecnologie possano essere utilizzate, da genitori e insegnanti, per raggiungere questo scopo. Smartphone e tablet devono allora trasformarsi, in campo educativo, da nemici da combattere ad ottimi alleati con cui ripensare il modo di educare e le ore di lezione a scuola. Per fare questo, però, è necessaria la presenza dei genitori, i quali non possono limitarsi a scaricare le app sui dispositivi mobile ai loro figli, ma devono trovare il modo di interagire con loro. Le app di Curious Hat, mi dice Luca, sono pensate proprio in questo modo. “Crediamo inoltre – si legge sul sito – che gli adulti siano parte integrale delle attività educative e di gioco del bambino. Per questo stiamo realizzando applicazioni che coinvolgono l’adulto ed incoraggiano e nutrono l’esperienza congiunta adulto-bambino”. 

L’interazione adulto-bambino nell’utilizzo dei dispositivi digitali diventa allora necessaria per poter favorire una sana e positiva integrazione tra mondo online e offline. Molte app, purtroppo, non sono pensate per favorire questa integrazione, ma è altrettanto vero che gli adulti spesso preferiscono delle app in cui i bambini giocano da soli, isolati da loro e dal resto dell’ambiente circostante. In alcuni casi dare un iPad in mano al figlio può significare avere un po’ di silenzio in casa, qualche minuto (o anche ore???) in cui potersi dedicare alle proprie attività ed interessi…ma a quale prezzo? 

“Quella camera super 8 mi ha cambiato la vita…”

A cambiare, pertanto, non deve essere il modo di giocare dei bambini quanto piuttosto la modalità con cui genitori e adulti si rapportano a queste nuove tecnologie. Chiedo a Luca di spiegarmi meglio in che modo può modificarsi questo rapporto e lui mi racconta un frammento della sua storia personale molto significativo. Quando era piccolo guardava i cartoni animati alla televisione, l’equivalente del giocare passivamente con app o videogame oggi. Un giorno quando aveva circa 12 anni, suo padre gli regala una camera super 8 e lo invita a non stare sempre seduto di fronte ai cartoni animati. Luca, schiacciando il pulsante della camera in direzione sbagliata, si accorge che scattava un fotogramma di film e scopre così che con quello strumento può creare dei cartoni animati. “Quella camera mi ha cambiato la vita, ha definito cosa sarei diventato nella mia carriera lavorativa” mi dice e poi aggiunge che i dispositivi mobile e le app possono avere oggi lo stesso ruolo che quella camera ha avuto per lui in passato, con la differenza che ora possediamo molti più strumenti che aumentano le possibilità di inventare e scoprire. Luca, in fondo, sostiene che oggi non solo dobbiamo provare ad utilizzare attivamente i dispositivi a nostra disposizione, ma anche trasformarne l’uso, spingerli in direzioni che gli stessi sviluppatori non avevano pensato. Questo può certamente essere un modo per provare a modificare il nostro ruolo nei confronti delle nuove tecnologie: da semplici consumatori a veri e propri sperimentatori, in alcuni casi esploratori. Per raggiunger questo obiettivo, mi dice Luca, è necessario che più persone collaborino: ci vogliono sviluppatori di app che stimolino questo lavoro di integrazione, insegnanti e genitori che abbiano voglia di costruire attorno a questi strumenti nuovi modi di insegnare e di educare e un mondo in grado di orientare e guidare in questa direzione. Ma dai racconti di Luca questi genitori, insegnanti e sviluppatori non mancano.

Il linguaggio della programmazione

Sono sempre più convinto dell’importanza per i bambini, ma anche per gli adulti, di imparare questo nuovo linguaggio che fa sempre più parte della nostra esistenza. Ciascuno di noi, infatti, conosce con diversi gradi di approfondimento, la struttura della vita offline. Sappiamo dire come è fatto il corpo umano, abbiamo conoscenza del funzionamento di un motore e siamo certi che per costruire una casa siano necessarie delle fondamenta. Poi, ripeto, ognuno ne avrà una conoscenza più o meno approfondita a seconda della sua esperienza professionale e di vita. Perché lo stesso non deve capitare anche nel mondo online? Perché continuare ad abitare una realtà senza avere le basi necessarie per poterla meglio comprendere? 

Luca mi dice che effettivamente questo discorso sta cominciando a diffondersi sempre di più e che ci sono sempre più possibilità per conoscere, comprendere, inventare. L’obiettivo di questa conoscenza, però, non deve essere per forza quello di inventare una nuova app, quanto piuttosto di acquisire una nuova forma mentis, che consenta di imparare a risolvere un problema utilizzando gli strumenti che si hanno a disposizione. In questo senso, per acquisire questa nuova forma di pensiero, non è necessario possedere per forza la tecnologia. Mi racconta che ad esempio, a San Francisco, c’è una scuola che utilizza il metodo educativo dei 3 “Archi”. Il primo arco è quello della Exploration, in cui il bambino scopre un argomento proposto dagli insegnanti e cerca di ampliare le sue conoscenze e le sue capacità. Il secondo arco è quello della Expression: dopo aver esplorato un argomento i bambini costruiscono qualche cosa (un oggetto, un esperimento, un progetto di ricerca,  una performance…) sulla base di quello che più ha catturato i loro interessi. Infine, il terzo arco, è quello della Exposition, in cui i bambini vengono aiutati a condividere la loro esperienza con il resto della classe. 

Forse, mi dice Luca, anche l’acquisizione di questa forma mentis può consentire a genitori e insegnanti di attenuare un po’ la loro paura nei confronti della tecnologia. 

Una grande opportunità

La chiacchierata con Luca finisce con tanti bei pensieri che circolano per la testa ed il desiderio di diventare sempre più promotori di una nuova cultura, che stimoli e aiuti il mondo degli adulti a ripensare l’utilizzo delle nuove tecnologie e, in particolare, delle app per bambini. Perché è vero che l’ansia e la paura che possono sorgere dal percepire un mondo che si sta modificando sotto ai piedi deve trasformarsi in desiderio di cambiamento e in opportunità di potersi esprimere, utilizzando strumenti molto potenti e mai così facili da reperire. Tutti dobbiamo tornare ad essere un po’ esploratori di questa nuova integrazione tra vita online e vita offline. 

Grazie a Luca e in bocca al lupo a Curious Hat.